La diagnosi di acalasia esofagea può essere sospettata sulla base dei sintomi lamentati dai pazienti, (disfagia o difficoltà a deglutire, rigurgito di cibo indigerito in bocca, dolore toracico e talvolta perdita di peso), ma la diagnosi va confermata mediante specifiche indagini diagnostiche. Queste servono anche ad escludere altre malattie che possono manifestarsi con caratteristiche simili. L’iter diagnostico accettato per l’acalasia è riassunto nella figura 1.
Esofagogastroduodenoscopia: Per escludere la presenza di altre cause organiche di difficoltà nella deglutizione (come lesioni anatomiche, neoplasie o cause di pseudo-acalasia) va eseguita una Esofagogastroduodenoscopia (gastroscopia o EGDs). Questa viene eseguita in regime ambulatoriale con blanda sedazione e permette di escludere forme di “pseudoacalasia”, ovvero condizioni che possono determinare ostruzione del cardias con dilatazione esofagea a monte quali l’adenocarcinoma del cardias o del fondo gastrico, o altre forme di stenosi (restringimenti) del passaggio tra esofago e stomaco, di ottenere frammenti di tessuto dell’esofago per l’analisi istologica ed escludere altre cause di disfagia come l’Esofagite eosinofila. L’ EGDS non permette una diagnosi certa di malattia, dato che il quadro endoscopico dell’acalasia è poco specifico e può essere caratterizzato da lesioni piuttosto comuni come un’esofagite erosiva di basso grado, ma avvalora sospetto diagnostico,. Nelle fasi conclamate della malattia, quest’indagine può individuare la dilatazione dell’esofago o la presenza di ingesti alimentari e il cardias può presentarsi in atteggiamento di chiusura, sondabile con sensazione di “scatto” durante il passaggio dell’endoscopio, elementi a favore del sospetto di acalasia.
Esofagogramma con pasto baritato. Una volta escluse le lesioni organiche con l’EGDS, un altro importante passo diagnostico è l’indagine radiologica che viene eseguita facendo bere al paziente un mezzo di contrasto con solfato di bario, in grado di fornire un’immagine di esofago e stomaco. Nella radiografia, l’aspetto del viscere dilatato, ripieno di ingesti o con restringimento “a coda di topo” del cardias può fortemente indicare la diagnosi di acalasia. Nei casi avanzati l’esofago può presentarsi molto dilatato (megaesofago) e deformato (esofago sigmoideo) con eventuali livelli idro-aerei dovuti al ristagno del pasto. Oltre a questi elementi diagnostici, l’esofagogramma con pasto baritato fornisce importanti informazioni sull’anatomia del viscere e degli organi circostanti, permettendo una corretta pianificazione degli interventi, siano essi endoscopici o chirurgici. L’esame radiografico può permettere di misurare i tempi di svuotamento dell’esofago da una certa quantità di bario (250 ml in genere) e di misurare la dilatazione massima (Time barium swallow), informazioni che possono essere utili per valutare il successo di un trattamento.
Manometria esofagea ad alta risoluzione (HRM). E’ l’ esame che permette la diagnosi di certezza della malattia e di differenziare in tre sottotipi l’ acalasia, guidando le scelte terapeutiche. La manometria esofagea ad alta risoluzione si effettua posizionando un catetere rilevatore di pochi millimetri di diametro per via nasale lungo l’esofago fino allo stomaco. Questo catetere, attraverso particolari sensori, registra le variazioni pressorie generate dalla contrazione delle pareti esofagee, sia a riposo che durante la deglutizione, fornendo dati di estrema precisione topografica. La manometria esofagea permette di analizzare i parametri necessari per la diagnosi di acalasia: i rilasciamenti post deglutitivi della giunzione esofago-gastrica e l’alterazione della peristalsi del corpo dell’esofago. Un altro parametro valutato è il tono basale dello sfintere esofageo inferiore (SEI) che può essere aumentato rispetto alla norma (ipertono) ma, più frequentemente, è nei limiti. Caratteristica chiave della acalasia è il mancato rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore in risposta alle deglutizioni di piccoli sorsi d’acqua, a cui si accompagna l’alterazione della peristalsi. L’acalasia viene classificata in 3 sottotipi in relazione alle contrazioni generate nel corpo dell’esofago (classificazione di Chicago): acalasia di tipo I (caratterizzata dalla totale assenza di movimento, aperistalsi), tipo II (con onde di pressurizzazione incoordinate lungo tutto il viscere), tipo III (con contrazioni spastiche e premature) (figura 2).
La manometria esofagea ad alta risoluzione oltre a permettere diagnosi di certezza di acalasia, consente di dare precise indicazioni su quale sia il trattamento più idoneo, endoscopico o chirurgico e di valutare la riuscita del trattamento stesso (mettendo a confronto parametri quali la pressione integrata di rilasciamento [IRP] prima e dopo gli interventi).
pH-impedenzometria esofagea. Questa indagine, diversamente dalla manometria, è utile nel rilevare la presenza, la durata e l’acidità di episodi di reflusso di contenuto gastrico in esofago, per cui non è indicata nella fase iniziale diagnostica, ma è molto utile per evidenziare la comparsa di una eventuale malattia da reflusso gastroesofageo nel post-intervento e monitorare i pazienti. Anche questo esame viene eseguito con un catetere rilevatore introdotto per via nasale e mantenuto in sede per 24 ore.
Prof. Giovanni Sarnelli
Responsabile UOSD Malattie motorie e digestive-
DAI medico-chirurgico delle patologie dell’apparato digerente-
Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”
Via Pansini, 5 Napoli