DEFINIZIONE
E’ una malattia di origine allergica in cui alcune sostanze contenute nei cibi mentre passano attraverso l’esofago per entrare in stomaco, scatenano una infiammazione che coinvolge un gruppo di globuli bianchi, i cosiddetti granulociti eosinofili, e determina la formazione di tessuto fibroso nell’esofago, spesso sotto forma di anelli (Fig. 1), rendendolo meno distensibile e ostacolando il passaggio del cibo. L’esofagite eosinofila è la malattia esofagea benigna più comune dopo la malattia da reflusso gastroesofageo.
SINTOMATOLOGIA
Il disturbo principale è la difficoltà nella deglutizione di cibi solidi che molto spesso determina episodi di blocco del bolo di cibo in esofago. Tale blocco, se non si risolve spontaneamente, può portare il paziente in Pronto Soccorso per rimuovere il bolo con una esofagogastroduodenoscopia. Poiché la malattia interessa sia adulti che bambini, in questi ultimi può determinare disturbi meno specifici, come inappetenza, rifiuto di certi cibi e ritardo della crescita. Negli ultimi decenni l’esofagite eosinofila viene diagnosticata con maggior frequenza sia perché i medici sono più informati della sua esistenza, sia perché le malattie allergiche in generale stanno aumentando di frequenza.
DIAGNOSI
La diagnosi si esegue con la esofagogastroduodenoscopia e i prelievi di piccoli lembi di tessuto (chiamati biopsie) in almeno due sedi dell’esofago. L’aspetto endoscopico con gli anelli è tipico, ma non sempre presente, pertanto la conferma diagnostica si ha con la dimostrazione della presenza di una elevata concentrazione di eosinofili nelle biopsie.
TERAPIA
Le due classi di farmaci efficaci sono gli inibitori di pompa protonica (IPP) e il cortisone somministrato sulla lingua o deglutito. Gli IPP sono efficaci nel ridurre marcatamente l’infiammazione eosinofila e i sintomi in circa il 50% dei pazienti. Ciò avviene con un meccanismo indipendente dal loro effetto sul reflusso gastroesofageo. Il cortisone è efficace nella quasi totalità dei pazienti. Attualmente si utilizzano formulazioni in uso per l’asma bronchiale, ma sono in arrivo formulazioni specifiche con prodotti che vengono sciolti in bocca: Entrambe le terapie necessitano di un mantenimento per poter prevenire le recidive. Nei casi in cui i farmaci (IPP e cortisone) non riescano da soli ad abolire la difficoltà a deglutire, è utile affiancare una dilatazione durante esofagogastroduodenoscopia, per rompere gli anelli di fibrosi che si sono formati, la cui ricomparsa viene poi ostacolata dai farmaci sopra menzionati. In questo caso la dilatazione è eseguita con dei palloncini di minore diametro rispetto a quelli usati per l’acalasia ed è una manovra sicura e di semplice esecuzione.
Attualmente sono in corso di sviluppo nuovi farmaci, chiamati anticorpi monoclonali, indirizzati a contrastare le molecole specifiche che causano il processo infiammatorio.
Roberto Penagini
Università degli Studi e Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano